Tre poesie da Granelli di speranza di Benedetto Ghielmi

Granelli di gioia

Malinconica mancanza

   

il cuore tiene desto

il desiderio

di rivivere l’attimo.

   

Sacra e insensata gioia.

* * *

Paesaggi aperti

Ecco!

   

Con un battito

di ciglia,

mi esplode

dinanzi

la meraviglia.

* * *

Venerdì santo

Roboanti

frastuoni

di questa umanità

sanguinolenta.

   

Silenzio.

   

Desidero aggrapparmi

ai fili della speranza.

   

Dio tace

ma per amore.

   

Il silenzio di Dio

è il nostro

silenzio.

   

Ingrassare

di parole vacue

per dissetarsi

dell’acqua

della verità.

   

Quante parole

può contenere

il silenzio?

   

Speranza,

amore,

viatico di vita.

   

Viole disadorne

del colore

della vita.

Dio tace

per donare

luce alle povertà

dell’essere umano.

   

Ridestandoci,

rimettiamoci

a macinare chilometri

sul sentiero

della vita.

   

I salici coccolano

le nostre

cicatrici.

   

Silenzio.

   

Risvegliamoci

passo dopo passo.

   

Silenzio.

   

Ridoniamo vigore

alle nostre anime

intirizzite

dal digiuno d’amore.

   

Silenzio.

   

Dio non dorme

di fianco

alle nostre

esistenze.

* * *

Nei suoi testi, tratti dalla raccolta Granelli di Speranza (Ensemble, 2022), Benedetto Ghielmi mostra di fare uso di una sintassi poetica che quasi “deflagra” e si espande al centro della pagina, lasciando tra i vari gruppi di versi vallate vuote col compito di colmare la distanza che li separa. Eppure, a questa parcellizzazione della strofa, del canto, corrisponde un crescendo costante del ritmo: ad ogni pausa, ogni frattura del verso la melodia di fondo riprende fiato per darsi nella battuta che segue al vuoto che la attende ogni volta con ansia.

Così, attraverso l’uso preponderante di ripetizioni e allitterazioni il ritmo diventa narrazione riconoscibile attraverso lo scorrere cadenzato delle parole: ad esse è affidato infatti il compito – attraverso immagini vivide e metafore che pongono di fronte agli occhi del lettore forme e visioni – di ricordare ora all’io ora ai suoi interlocutori ciò che giace all’interno del sé e attende solo di essere disvelato e rimembrato, scandendo ad alta voce le parole che lo definiscono per evocarselo, di nuovo, davanti. Il canto allora diventa invito a riaccorgersi di se stessi, ad abbracciare le cose e proseguire sul proprio sentiero.

  • Paolo Andrea Pasquetti, 21 Dicembre 2022

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