29/01
una lacrima sala
la guancia, ti accolgo
come un diluvio
dietro il muro fuggono
le parole, una luce
tiene per mano
* * *
21/02
delle case piene
di felicità declassata
una sedia vuota vocaboli
fossili, essere un dopo
di unghie arrese al metallo
sono in te nel silenzio
il tuo grido
* * *
11/03
ho paura di non riconoscerti
stanotte stiamo insieme, di noi
ricordi confusi una marionetta
che ha visto i fili può strapparli
Le poesie di Matteo Piergigli sembrano distinguersi per un ritmo sincopato e conciso, all’interno del quale l’io esprime – tramite l’accostamento di immagini e suoni ulteriori evocati dalle prime – slanci e squarci (proprio per la loro stessa brevitas) di vita autentica e, spesso, ruvida nella sua stessa rappresentazione lirica. Ciò è reso possibile anche grazie al gioco ad alternanza di segmenti di versi a “fluire continuo”, senza alcuna presenza di punteggiatura, alternati e quasi “incastrati” da versi più brevi e lambiti dall’uso della virgola che cala con forza sul verso a dettare il ritmo descritto poco sopra.
All’interno di questa particolare costruzione ritmica, l’io affonda la narrazione nell’appello accorato ad un tu attraverso il quale si delinea il disegno di una vita “duale” vissuta a sprazzi, con pennellate marcate per la non meno costante pratica di accostare con cura, da parte dell’autore, un’aggettivazione corposa a quasi ogni singolo termine. Il risultato è, appunto, una serie di strappi visivi, tra aggettivazioni e sincopi ritmiche, attraverso i quali l’io ricerca una durata da condividere all’interno del mondo; una pausa del fiato dove rimanere.
- Paolo Andrea Pasquetti, 18 Aprile 2023