Attraversiamo da soli
questi mondi in contrasto.
La gente passa e canta staccata
dietro di noi, senza
ricordarci. Ogni volta che
spezzo un ritmo mi
ritrovo a ricordare:
forse perché vorrei solamente
unire senza dover
guardare per forza dentro
i bulbi, analizzare d’istante
i sogni che tocco con mano
e mi causano allergie
estrinseche. Cerco di
dare corpo alle cose che
mi si avviluppano intorno
per poi cadere: non
posso afferrare, non
declinare o coniugare in
forme, non ora. Avviene
sempre una distrazione
che mi cinguetta sopra e
fa dubitare in ogni
punto distratto e distaccato,
quasi fosse un colore
lontano che mi ritorna.
Rimangono solo le cose solite
che possono accompagnarmi
fino a ricollegare, ancora,
quello che c’è.
* * *
Nel sintagma di un mio
cammino, su sentiero
rialzato, m’accorgo che nessuno
più canta. M’ispira solo la
voce d’un amico a rammentarlo.
* * *
Forse il mondo non è stato
più quello di prima,
forse la morte ha ricavato
angoli che non sapevamo
esistere tra di noi, scostati
all’interno dei nostri fraintendimenti.
Scrostare poi la scorza dura
dal nocciolo del sé rimasto
sul fondo è difficile, andare al
cavo che abbraccia e confonde
i colori che un tempo scorgevi
senza attenuare.
Vorrei semplicemente che il
mondo ricresca dopo essere
stato calpestato: com’è
possibile tornare alle cose?
Guardare crescere lentamente
i corpi nei solchi una volta
coperti con cura?
E ora stanno spenti
sullo sfondo della tua
visione, chiedendo un
riscatto da offrire in dono.
Ma le storie di un tempo
sono lontane e impietrite sulla
lastra sbiadita:
mi evochi forze e figure di
sogno che attestano i miei
tocchi, rimandano indietro
le incrinature della soglia per
indicarmi la meta che coincide
con l’intorno che scorre e vive
da sé, sporcato dalla luce
appoggiata sui nodi connessi
a un proseguire delle cose.
Incordano un canto che sa:
questa è una parola che
ascolta e dice, forse, i mondi
e riavvolge le membra
una sull’altra.
Mi chiede d’inoltrarmi nel
crepuscolo stanco dei giorni,
aprire le sorti rimaste inattese
nel buio, di chi spera scorgere
ancora una foglia
scuotersi al vento che
dona, strusciare sulla
pietra che suona ritorta
dall’acqua scurita, cercando
un abbraccio.
Il canto è spezzato, la
mano ancora rigida nell’ombra:
un’estate che muore lenta
in un freddo che tarda i
suoi passi ma copre, un
frutto che pesa sui
rami e non cade.
I Canti del ritorno non sono una semplice raccolta di poesie eterogenea, bensì formano un libro coeso e a sé stante, centrato su un tema specifico: la morte. La narrazione infatti si articola in quattro sezioni, ognuna introdotta da una breve prosa poetica a cui seguono una serie di componimenti. A questa struttura viene affidato il compito di narrare la ricerca da parte dell’Io di un canto attraverso il quale ritornare a una dimensione esistenziale autentica che abbracci l’esperienza di morte che anima il viaggio. Un viaggio che, sezione dopo sezione, attraversa il ciclo delle stagioni e le varie fasi del giorno – dalla primavera all’autunno, dalla mattina alla notte – formando un vero e proprio percorso di indagine esistenziale ed espressiva dove lo stile poetico si evolve nella ricerca del canto ristoratore agognato. La storia ha inizio e si chiude nell’ottica di un cammino che si dipana di fronte a chi tenta la parola, mostrandogli la via.
Il libro è disponibile in preordine al seguente link: https://www.edizioniattraverso.it/negozio/Preordine-Canti-del-ritorno-p544337144
- Radura Poetica, 6 Marzo 2023