Molte cose
Molte cose
sono immanenti e fragili,
senza radici
fluttuano nel tempo
che non hanno,
finiscono prima di iniziare,
iniziano con impeto
e sono anelli perfetti,
cerchi chiusi,
circonferenze morbide
senza angoli né spigoli.
Queste cose accarezzatele piano
come fossero un cane
bastardo
testimone d’amore e solitudine.
* * *
L’ora delle cose impossibili
Se mi cercate,
sono nascosta
fra le lettere del mio nome
che nessuno pronuncia mai
per intero,
questo nome che mi spaventa a morte
quando si stende dalla prima all’ultima lettera, perché non sembra mio
e mi sembra così stanco da voler sparire.
Sono nel vento che asciuga capelli e lenzuola;
nella mia fantasia infeltrita,
sulla punta della lingua,
pronta a sciogliersi in
baci
e parola
per chiedere alle nuvole che ora è.
È l’ora delle cose impossibili.
* * *
Tityrem tu patulae
Tityre, tu patulae
recubans sub tegmine fagi
spezzo il verso
come fosse pane
e fra me e me mi pasco
di nuvole, prati e briciole di pane,
quelle che raccolgo
nel silenzio della sera.
Come pane duro fra i denti
mastico forte il tempo che fugge.
* * *
Le poesie di Doris Bellomusto si caratterizzano sin da subito per i versi spezzati e irregolari che le costituiscono, quasi a mimare la ricerca affannosa delle cose che canta l’io attraverso il racconto poetico che avanza a singulti e, tuttavia, resta legato da un ritmo che trova la sua coerenza interna tra ripetizioni lessicali e parole derivate inanellate con decisione l’una dietro l’altra. Così, ogni verso suona ben scandito dall’uso mirato e misurato delle pause sintattiche mentre si accorda, nel frattempo, alla musica, ai suoni lessicali di quelli che lo precedono e lo seguono.
Attraverso questa costruzione poetica spicca, come accennato, la ricerca da parte dell’io – che utilizza la stessa, implicitamente, per raccontarsi – di una vicinanza assoluta, tattile e verace con le cose del mondo esterno per trovare una comunione con esse. Da qui dunque il “gioco” della poesia nel senso stesso del lusus (come quello con la citazione dei versi virgiliani) attraverso le cui parole, i cui espedienti retorici (su tutti, la similitudine spesso a chiudere visivamente con forza il singolo componimento) poter dare consistenza, corporeità a quelle cose percepite forse come sfuggenti e incorporee tra le proprie dita. Così, la parola poetica rassicura sulla loro esistenza e, di riverso, su quella di chi utilizza la poesia stessa per confermarsi all’interno del mondo.
- Paolo Andrea Pasquetti, 14 Ottobre 2022