Il giorno
Un solo punto di ombra e pensiero in cui fare ritorno:
l’ultima corsa notturna, con gli occhi vuoti
dove ogni destino è pari al peso di radice immemore
e un presente già morto non sa intuire promessa,
la segue come una bestia di ritorno alla tana
dove alcuni sostengono che i raggi principiano
all’alba nuova e già stantia
le anime prossime all’uscita
barattano il peso della loro stanchezza
per un movimento nuovo, immobile
privo di conti in sospeso.
* * *
Primo giro
Nomina i venti che ci separano,
i giorni percorsi a passi indietro,
tutti gli addii mai ribaditi
le tracce delle tue mani nelle mie tasche
quando cammino in avanti
e la sagoma di un cappello mai ritrovato
che ora è utile alla mia memoria di tormalina
quando non riesco a dar forma a un pensiero
che mi somigli.
Io proseguo, priva di nome
attendo che chiami l’ora del nostro battesimo,
la sola deputata all’inesistente
che pure impone la prima eco.
* * *
Domarsi
Mi è cara l’inesattezza
che consente l’estensione del margine,
mai del tutto presente dove termina il sole.
Cancello dal mio capo il suo tratto ogni sera
e sciolgo i capelli
lungo le spalle e il volto
perché coprano gli occhi,
– che non entri luce se non può essere accolta -.
Dimentico i nomi e tutti i proverbi dunque,
per trovarli nuovamente incisi
sulla fronte il mattino seguente,
come marchio di tacito rimprovero
che impone il suo tocco di giada
ma è sufficiente che io taccia,
senza mescolare volti e risa
che non mi appartengono
è sufficiente mentirsi
verità nascoste, rifiutarsi di dire altro
e sostenere lo sguardo del nulla,
col mento che svetta e gli occhi ben desti
per dire niente, per occupare spazi incolumi.
L’eterna stupidità, la sacra assenza
non è che sogno simultaneo.
* * *
Nelle poesie di Flavia Cidonio, tratte dalla raccolta Città fantasma (Edizioni La Gru, 2022), la narrazione poetica sembra emergere all’interno dei versi con delicata prepotenza del tema della memoria, del ricordo cui ora fare ritorno ora invece lasciarsi alle spalle; tra momenti rappresi nel tempo in cui un raggio di luce può entrare, svelando all’io le sue verità e ricordi volutamente obliati e sfocati, salvo poi notarne il ritorno costante e rinchiudersi a forza in un’indifferenza opaca e, soprattutto, afona.
In questo spazio si nota sin da subito un ritmo marcato, a partire dall’incipit tagliente e ben definito di ogni componimento che detta poi ai versi successivi la loro stessa cadenza da seguire, evolvendosi al loro interno attraverso pause scandite con efficacia. Così, in questo sentiero attraverso il quale l’io decide di proseguire e fatto di inesattezze, sfocature e anonimati comunque sembra risuonare, forse, un’eco: la parola che nomina le cose, che mostra tramite metafore e similitudini immagini forti e dense, esatte e ben definite. È in queste parole che sembra si apra un’attesa per un’ora nuova, nella quale recuperare e recuperarsi da un’assenza che, nonostante voglia essere taciuta, viene cantata.
- Paolo Andrea Pasquetti, 18 Luglio 2022