15:00
È tutta mia
la penultima fermata
a cui si arriva
per asfalti di periferia.
È ferma l’afa,
la agita la corriera
sbuffando in ripresa
sulle erbe aromatiche
appese alla via stretta.
Una nube grigio-nera
si rarefà sulla piazzetta,
per rispetto all’angelo
che suona la trombetta
dal frontone della chiesa.
Mi riconosci
nel passo della fame,
nello zaino sfondato,
nella cartella trasparente
e nello schizzo lì dentro
di un brutto disegno
pur sempre da completare.
Marcio su casa
col peso di me stesso
sulla schiena curva,
nei pantaloni la camicia
e la cintura contraffatta
che mi tiene in vita.
* * *
Da Recanati
È troppo facile affacciarsi
e farsi ispirare
da quel collage di Belpaese
che scarta le periferie di Milano
o le industrie di Varese.
Nei territori del Po
che ha una stanza tutta per sé
dove stiparvi derrate immaginarie
come materie prime d’importazione
per le sue poesie o un memoriale.
* * *
Come una bambina che fa sul serio
Sono seria come una bambina
mentre prova a fare la scrittrice.
Ho preso un quadernetto a righe,
gli occhiali e diverse matite,
ho una scrivania tutta mia,
la luce sopra, il cassetto sotto,
lì dentro un vocabolario fine
e alcune leggi dell’universo.
Gioco a ricomporre con quel poco
le parole della cosmogonia.
* * *
Nella poesia di Elisa Malvoni, tratta dalla sua recente raccolta C’è un sacco di spazio sul fondo – Reportage poetico dal piccolo (Edizioni Bette, 2022), si srotolano davanti agli occhi del lettore una serie di elementi del mondo reale riportati in maniera diretta e semplice, a fermare immagini ben definite di una vita metropolitana e incidendo con delicatezza al loro interno sogni, sofferenze interne e mancanze. In questo spazio poetico prevale un forte uso di assonanze spesso alterne, una musicalità quasi ad incatenare un verso dietro l’altro al ritmo di questi squarci di vita che l’io narrante propone ogni volta.
La quotidianità del racconto porta dentro di sé alcuni elementi interni interessanti, come la citazione di Virginia Woolf, «[…] è fortunata la scrittrice / che ha una stanza tutta per sé […]» dal suo omonimo saggio: da qui sembra dipanarsi così la ricerca di un proprio spazio, un proprio angolo di mondo in cui trovare le misure di se stessi e rimanervi. In questa «stanza tutta per sé» c’è quindi la possibilità di usare la poesia come gioco – tuttavia serio – per ricomporsi, scavalcare la mancanza (anche a dirsi e dire le cose) di un luogo che ispiri la parola di cui si percepisce sempre l’esclusione periferica: è la vita ai margini che prova a darsi forma nelle sue mancanze scavate nel tempo della ricerca di sé.
- Paolo Andrea Pasquetti, 9 Marzo 2022