Afasia
Ma tu che mi ronzi o canti insieme,
da solo o con la baraonda dei molti. Troppi…
sapresti insegnarmi il logos,
il nucleo intimo di un essere altrove?
Significato e gemito del dire,
fosfeni, deliqui e sincopi
slavine di coniugazioni e declinazioni,
diverso comma d’uno stesso respiro?
Parla. Non guardarmi solo così dolce e stretto;
cerchi la perfezione del silenzio
o sordo o muto d’afasia ti sei fatto tutto?
Tutto, con le tue ciocche chiare legate
poco spesso scompigliate sul volto,
con labbra che parlano emettono e baciano
(talvolta nello stesso momento)
ma non perforano ancora la livrea dell’essere;
e di fatto
sono aeree fluttuazioni
le vibrature delle nostre faringi.
* * *
Auto conversazione
Converso spesso da solo, ci provo.
È un esercizio della mente e del cervello
della sua omeostasi, e passeggera discesa nell’avello.
Nella crasi degli umori si esplicita in salute, ma appare brodo.
Una medesima voce familiare, che si pianta come chiodo,
vaga tra l’italiano, linguaggi artificiali ed è quasi un appello,
un richiamo alla ricerca di qualche sfumatura d’acquerello;
non saprei dire se sia soluzione o più stretto nodo…
i sensi logici sinaptici si sciolgono
da senso si passa a sentimento
e questo ammasso movimento alloctono
che vertiginoso accostamento!
I flussi e i respiri anche i ricordi accolgono
ed ora nel cranio, di domande un affollamento.
* * *
Ad un amico
Amico mio, creatura basata sul carbonio,
le iridi color qualcosa son ora rosso demonio,
raggi giocano col vetro di calice, diffrazione di vino;
alla verità sì m’avvicino, resistente come rodio.
Tu mi ascolti attento e muto
o disperso e triste e solo
mentre ti rivelo e non ti dico chi sono;
mentre faccio il giocoliere con la morfologia e ti chiedo aiuto,
mentre in questa sintassi cerco ‘l mio ruolo…
E sono solchi, letti di fiumi, queste lettere
che non ho creato né scelto, piuttosto subìto
e dall’avamposto del farmi capire scelgo adesso di deflettere;
sicché tu m’attaccherai, ed io saprò che mi hai sentito.
* * *
Carlos David Danieli nei suoi testi mette insieme con un ritmo musicale quasi compulsivo un insieme di elementi spesso differenti tra di loro, creando un’evoluzione continua nell’andamento della narrazione poetica dei suoi versi. Tuttavia l’utilizzo multiforme delle parole che si snoda tra tecnicismi, termini specifici ed usi linguistici più arcaici posti accanto a quelli semplici e comuni sembra trovare una sua unità proprio nella forma poetica in cui essi sono addensati e fusi assieme: c’è in qualche modo una continuità tra le forme a cui la ricerca poetica dell’autore sembra tendere, col fine di trovare una fisionomia nella quale riconoscersi.
Questa continuità tra le cose è resa in modo fluido dal gioco di rime anche interne tra un verso e l’altro, dall’uso consapevole ed efficace di pause che trattengono e dilatano il tempo di un dialogo tra un tu ed un io in costante e reciproco contatto che sembrerebbe ininterrotto nel suo racconto. Così nello sforzo di trovare il proprio posto, la propria definizione, attraverso il gioco e la variazione delle forme linguistiche emerge forse l’idea di un sentiero da seguire all’interno di queste ultime, un solco in cui riconoscersi stabilmente.
- Paolo Andrea Pasquetti, 16 Giugno 2021