Due cerchi d’oro
Il nudo di lui
chiamò di là
il nudo di lei
Lei andò
lasciò i suoi occhiali d’oro sul tavolo
lui chiuse le tende
perché nessuno vedesse
gli occhi nudi di lei
due cerchi d’oro nel buio
* * *
Esercizi facciali
Lei ha tolto le tende
le porte le finestre
ha fatto entrare la luce
ha fatto stendere il giorno su di lui
Lui dorme ancora
dalla sua parte
immobile nudo
Lei sorride e
manda baci allo specchio
esercizi facciali
prima che lui si svegli e
la chiami a sé
* * *
Nomi
Lo specchio ci ha visti – diceva lui
Ma non eravamo noi
erano le nostre fantasie
Lui non voleva che ci chiamassimo per nome
allora ci chiamavamo corpi
Ma io ho inciso i nostri nomi
sulle nostre lingue
* * *
La poesia di Alessandra Pennetta sembra essere una poesia sui corpi, un racconto della relazione continua con l’altro attraverso il desiderio di una presenza costante e reciproca. La descrizione tagliente dei versi, nella loro immediatezza e compressione dei termini utilizzati, riproduce gli attimi tra di loro alternati di questa relazione corporea al cui interno scorre però sotterraneo il desiderio di dare un nome, una definizione precisa e pulita ad essa. Una parola insomma che permetta una durata che vada oltre, forse, il movimento intermittente in cui sono solo i corpi e non i nomi e le anime che essi portano ogni volta con sé a scontrarsi ed unirsi.
Questo contrasto si fa concreto nell’alternarsi secco all’interno dei versi di un tempo verbale all’altro, mostrando spesso la spaccatura tra un passato attinente ai contatti dei corpi ormai accaduti e il presente del desiderio di un amore che superi il contatto superficiale, guardando ad un futuro ancora non detto, in attesa di trovare le parole ed i nomi che lo accompagnino.
- Paolo Andrea Pasquetti, 8 Giugno 2021