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Tre poesie di Alessandra Pennetta

Due cerchi d’oro

Il nudo di lui

chiamò di là

il nudo di lei

Lei andò

lasciò i suoi occhiali d’oro sul tavolo

lui chiuse le tende

perché nessuno vedesse

gli occhi nudi di lei

due cerchi d’oro nel buio

* * *

Esercizi facciali

Lei ha tolto le tende

le porte le finestre

ha fatto entrare la luce

ha fatto stendere il giorno su di lui

Lui dorme ancora

dalla sua parte

immobile nudo

Lei sorride e

manda baci allo specchio

esercizi facciali

prima che lui si svegli e

la chiami a sé

* * *

Nomi

Lo specchio ci ha visti – diceva lui

Ma non eravamo noi

erano le nostre fantasie

Lui non voleva che ci chiamassimo per nome

allora ci chiamavamo corpi

Ma io ho inciso i nostri nomi

sulle nostre lingue

* * *

La poesia di Alessandra Pennetta sembra essere una poesia sui corpi, un racconto della relazione continua con l’altro attraverso il desiderio di una presenza costante e reciproca. La descrizione tagliente dei versi, nella loro immediatezza e compressione dei termini utilizzati, riproduce gli attimi tra di loro alternati di questa relazione corporea al cui interno scorre però sotterraneo il desiderio di dare un nome, una definizione precisa e pulita ad essa. Una parola insomma che permetta una durata che vada oltre, forse, il movimento intermittente in cui sono solo i corpi e non i nomi e le anime che essi portano ogni volta con sé a scontrarsi ed unirsi.

Questo contrasto si fa concreto nell’alternarsi secco all’interno dei versi di un tempo verbale all’altro, mostrando spesso la spaccatura tra un passato attinente ai contatti dei corpi ormai accaduti e il presente del desiderio di un amore che superi il contatto superficiale, guardando ad un futuro ancora non detto, in attesa di trovare le parole ed i nomi che lo accompagnino.

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