La bellezza e semplicità racchiusa nelle parole del poeta, e il suo sguardo che apre al mondo. Se dovessi cercare di sintetizzare al massimo quello che sento riguardo la poesia di Giuseppe Ungaretti, probabilmente utilizzerei queste parole. Pochi come lui riescono a comunicare quella che è una vera e propria apertura a ciò che esiste, che scorre intorno a noi: allora all’interno del mondo di Radura Poetica, dove ci si muove cercando le proprie, di aperture, iniziare con un poeta come lui può essere di certo di buon auspicio. Aprirsi al mondo dunque: fare questo non è semplice, soprattutto perché richiede, spesso, un’attitudine al fermarsi e al silenzio, rispetto al movimento vorticoso che accompagna costantemente le nostre giornate.
[...] Resto docile
all'inclinazione
dell'universo sereno [...][1]
Ungaretti rende molto bene questa posizione dell’animo che può aiutarci a vedere le cose, letteralmente. Quella che infatti troppo spesso ci perdiamo per la strada è la capacità di accorgerci dell’esistenza del mondo, di ogni cosa che lo riguarda. Tornare a saper osservare o meglio, sentire, tutto ciò che ci circonda, dopo molto tempo passato nell’intorpidimento dei sensi, spesso si rivela allora come una sensazione di strana ingenuità, la percezione di sentirsi all’interno di qualcosa di enormemente più grande di noi, che lascia spazio al nostro vagare per i suoi sentieri come piccoli punti pronti da un momento all’altro ad essere portati via da una folata di vento:
[...] Oscillo
al canto d’una strada
come un lucciola [...][2]
Questo ci fa anche capire, insieme ad Ungaretti, che il momento in cui decidiamo di aprirci all’esterno corrisponde esattamente a quello di metterci in cammino all’interno di noi stessi, ed è tutto fuorché facile. È proprio intraprendendo questo sentiero che veniamo a contatto con le parti di noi più spesso in ombra, con cui è difficile fare i conti («[…] E l’uomo / curvato / sull’acqua / sorpresa / dal sole / si rinviene / un’ombra […]»[3]), ma solo confrontandoci con esse possiamo proseguire la strada che ci porta direttamente a vivere nel mondo, stare in esso pienamente e, in un certo senso, poeticamente: se per poeticamente intendiamo vivere in armonia con gli altri e le cose che ci circondano, osservarle con sensibilità e comprensione. Per Ungaretti questo diviene possibile arrivando – tramite quel silenzio, quel fermarsi un attimo dalla corsa continua di cui parlavamo poco fa – alla parola:
[...] Quando trovo
in questo silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso [...][4]
In questo modo il nostro Ungaretti penso renda al meglio il potere della parola poetica di riuscire a dar voce a quello che sentiamo attraverso e insieme al mondo: ancora meglio, di illuminare quello che abbiamo di fronte e con cui abbiamo – sempre, volenti o nolenti – a che fare. Se c’è infatti una cosa di cui spesso avvertiamo la mancanza, è il giusto senso da trovare in un determinato elemento della nostra vita, delle giuste parole per definirlo: così a volte tendiamo a muoverci oltre di fretta, avvertendone però la mancanza. Ed è proprio qui che si insinua, se noi in primis lo permettiamo, la parola poetica per svelare quello che fino a quel momento magari vedevamo soltanto, senza sentirlo o magari guardandolo con occhi non sufficienti a coglierne il senso: un senso che, attenzione, non ha a che fare con una definizione analitica o freddamente razionale, ma riesce semmai a coniugare un punto di vista specifico e uno generale, ovvero riuscendo a cogliere in un solo termine tanto il valore in sé di qualcosa, tanto quello più grande che la riguarda e comprende. Questo da così la misura di qualcosa che davvero – come noi del resto – esiste nel mondo e grazie a questo esiste anche in sé stessa, mantenendo col primo un rapporto necessario, spesso dimenticato e sfumato. Così le parole che usciranno fuori dal nostro silenzio, dopo il cammino verso una parte di noi ora più conosciuta, saranno semplici, non avranno bisogno d’altro per mostrare la semplicità, a volte davvero sconcertante, del nostro stare nel mondo:
Ho una corona di freschi pensieri,
Splende nell’acqua fiorita.[5]
- Paolo Andrea Pasquetti, 28 Aprile 2021
[1] A riposo, in L’allegria, in G. Ungaretti, Vita d’un uomo – Tutte le poesie, Mondadori Libri S.p.A., Milano, 2016, vv. 4-6.
[2] Giugno, in Naufragi, Ivi, vv. 56-8.
[3] Vanità, in L’allegria, Ivi, vv. 7-13.
[4] Commiato, in L’allegria, Ivi,vv. 9-13.
[5] Paesaggio, in Sentimento del Tempo, Ivi, vv. 1-2.